Curare il giardino è il mio lavoro ogni giorno. In esso vivo ogni stagione dell’anno. Dopo molti anni trascorsi a contatto con la natura antropizzata, ancora mi stupisco con piacere ogni volta che vedo una nuova pianta o un modo insolito di coltivarne una ben nota. Questo alimenta anche la mia curiosità a conoscere come si fa e si faceva giardinaggio in altri luoghi del mondo ed in altre epoche della storia. Ogni tanto faccio delle ricerche in rete e sui libri per studiare l’orticoltura e lo sviluppo delle sue tecniche nel corso dei secoli. In questo post vedremo cosa era il giardino nell’Antico Egitto e quali piante si usavano per comporre aiuole e bordure.

Già più di 4500 anni fa, i popoli che vivevano sulle sponde del bacino del Mediterraneo avevano imparato a costruire vicino ai campi coltivati per la produzione delle derrate alimentari, spazi per allietare gli altri sensi come l’olfatto e la vista. Inizia così la storia della consociazione tra piante. Le rose che venivano piantate, come accade ancora oggi, all’inizio dei filari delle viti per segnalare la comparsa delle malattie fungine, come l’oidio, per poter intervenire prontamente. Oppure, coltivare l’aglio insieme ad altre piante soggette all’attacco di afidi, per contrastarne naturalmente la diffusione. Esempi mirabili di agricoltura e giardinaggio sostenibili, rispettosi dell’ambiente.

Come per l’agricoltura in Egitto, anche per chi curava giardini, il fiume Nilo rappresentava la vita e la morte, l’inizio e la fine di un nuovo ciclo di vita. Un giardino senza acqua difficilmente cresce rigoglioso, se non con l’uso di tecniche raffinate di coltivazione. Il Nilo è ed era la principale fonte d’acqua del paese. La sua preziosa risorsa doveva essere sfruttata nel miglior modo possibile, con le tecniche idrauliche più efficienti. I letti di coltivazione delle piante, da orto o da giardino, erano rialzati e modellati in modo tale da ottimizzare lo scorrimento e la penetrazione dell’acqua nel terreno.

Così i giardinieri dei giardini egizi riuscivano a mantenere le loro piante lussureggianti, rigogliose e ricche di fiori colorati, nonostante l’ambiente circostante fosse poco ospitale per la creazione di orti e giardini. In principio, le coltivazioni praticate avevano il solo scopo di soddisfare i bisogni alimentari. Gli ortaggi messi a dimora dovevano essere adatti al tipo di terreno e resistenti alle avverse condizioni climatiche presenti.

Con il passare del tempo, soddisfatta la fame, si iniziarono a piantare anche specie ornamentali che rendessero gli spazi verdi anche piacevoli da vivere ed ammirare. Il sicomoro (Ficus sycomorus) e l’Acacia iniziarono ad ornare i giardini, insieme agli altrettanto comuni cipresso o olivo. Miglioravano l’estetica del paesaggio circostante e fornivano un utile spazio ombroso. Non dovette passare molto tempo perché alle alberature si aggiungessero anche specie da fiore per aggiungere vividi colori ad un ambiente bruciato dal sole. Papaveri (Papaver rhoeas), Loto (Nelumbo), Anemoni (Anemonastrum), alcune Rose.

Oggi, abbiamo memoria di questi esempi di orticoltura ornamentale dai dipinti rinvenuti sulle pareti delle tombe dei dignitari di corte e dei faraoni. Come per altri popoli della storia, l’espansione dei territori dei regni che si sono succeduti nei secoli, insieme al contatto con nuove popolazioni vicine hanno arricchito e perfezionato le tecniche di coltivazione e le piante selezionate. La grande estensione del corso del Nilo favorì anche l’arrivo di piante dai territori lontani dell’Africa centrale.

I dipinti più antichi rappresentano i giardini popolati da alberi molto comuni nel paesaggio naturale come la palma da dattero (Phoenix dactylifera), la palma dum (Hyphaene thebaica), il sicomoro (Ficus sycomorus) simbolo dell’immortalità con il cui legno si costruivano i sarcofagi e il Mimusops schimperi. Successivamente, con l’affinarsi della tecnica e delle conoscenze, insieme a quelle sopra viste, appaiono piante provenienti da altre regioni come, ad esempio l’albero dell’incenso (Boswellia sacra).

Tipologie di giardini egiziani

Nelle più lontane regioni del mondo i primi giardini furono coltivati ​​per soddisfare esigenze pratiche. Venivano piantati e fatte crescere ortaggi, verdure ed erbe medicinali. Tuttavia, con il passare dei secoli e con l’evolversi delle civiltà, al campo o orto coltivato si affiancarono i primi giardini, voluti e fatti realizzare da coloro che avevano disponibilità economiche e tempo per godersi questi nuovi spazi ornamentali. Il giardino veniva curato non più dal ‘contadino’ ma da persone con questo specifico incarico, gli antenati dei moderni giardinieri.

Nell’Antico Egitto possiamo riconoscere con facilità quattro categorie principali di giardino egizio che ha visto la luce in questo preciso ordine nel corso dei secoli:

  • L’Orto per la coltivazione di frutta e verdura,
  • I Giardini come cornice decorativa delle abitazioni,
  • I Giardini del palazzo del faraone,
  • I Giardini come ornamento di templi e tombe per allietare e magnificare gli dei ed i defunti.

Gli orti per la coltivazione di frutta e verdura

Nei testi di storia, spesso, si legge che la prima vera produzione di alimenti per il consumo umano abbia mosso i primi passi nel periodo neolitico con la semina delle specie selvatiche di grano. Ma questo non impedisce di pensare che potrebbe essere stata affiancata dalla coltivazione degli antenati dei moderni ortaggi e degli attuali frutti. Per la coltivazione di un orto vero e proprio erano necessari spazi circoscritti, con recinzioni per tenere lontani gli animali selvatici. Oltre a questo, erano richieste maggiori cure e attenzioni rispetto alla coltivazione del grano, per ottenere un fruttuoso raccolto.

Era necessario eliminare le malerbe dalle aiuole coltivate ma, soprattutto, occorreva irrigare con regolarità quanto piantato. Gli antichi egizi già oltre 2300 anni circa prima della nascita di Cristo testimoniavano la coltivazione e l’irrigazione della lattuga sulle pareti di una tomba della vasta necropoli di Saqqara, a sud dell’attuale città del Cairo. Nelle illustrazioni murali si rappresenta un giardiniere intento ad irrigare questa pianta nell’orto del giardino.

In testimonianze raccolte in altre tombe, si può vedere chiaramente che ad un antico alto ufficiale egizio, Metjen, viene concesso un terreno di circa 8.000 mq., delimitato da un muro, con le attrezzature necessarie, con al suo interno alberi da frutto. I reperti continuano testimoniando le opere da realizzare al suo interno: uno stagno da costruire di dimensioni ragguardevoli, alberi di fichi e piante di vite da mettere a dimora. Questo era uno spazio insufficiente alla coltivazione del grano ma molto ampio per la realizzazione di un orto.

I Giardini come ornamento delle abitazioni

Le testimonianze più conosciute dell’antica civiltà egizia sono rappresentate dalle tombe e dai templi che erano stati progettati e costruiti per mostrare la grandezza del faraone per i secoli a venire. Queste costruzioni erano fabbricate in pietra, mentre le abitazioni comuni e gli altri edifici impiegavano il fango mischiato alla paglia come materiale principale. Si sono ritrovati insediamenti fortificati risalenti circa al 3.000 a.C., con case dalla pianta rettangolare, composte da un’area coperta e da un cortile aperto. Con il passare del tempo tutti questi edifici sono stati distrutti.

Il villaggio di Deir el Medina, nei pressi dell’odierna Luxor, risalente al Nuovo Regno (1550-1070 a.C.) è noto come un esempio di ‘villaggio operaio’. I suoi abitanti erano, nella gran parte, operai e artigiani preposti alla realizzazione e alla manutenzione delle tombe dei faraoni. Era un insediamento rifornito di acqua, con fortificazioni, un’unica porta di accesso, strade piuttosto strette. Le abitazioni avevano stanze molto piccole, con cucine all’aperto e scale che conducevano ai tetti piani, dove gli abitanti dormivano nella stagione calda.

Nella valle del Nilo, l’abitazione tipica era composta da una recinzione in muratura, da spazi in parte coperti e in parte privi di tetto. Le persone più ricche avevano case indipendenti a uno, due o tre piani racchiuse in cortili recintati. I soffitti erano piatti o ad arco, costruiti in muratura. I tetti piani avevano spesso un muretto perimetrale. Le colonne e le travi del tetto erano di legno, un materiale non alla portata di tutti in quella regione. I cortili aperti erano posizionati di solito sul lato nord delle abitazioni, per usufruire dell’ombra che questa posizione offriva.

Una vasca, di solito a pianta rettangolare, a forma di T, era il primo ornamento distintivo di questa area aperta. Le famiglie agiate avevano di più di uno specchio d’acqua all’aperto e disponevano le piante in giardino in zone diverse in base alle loro caratteristiche. La zona giorno era, comunemente ombreggiata da porticati coperti da piante di vite.

Una disposizione simile a quella descritta la possiamo ritrovare ad Amarna, l’antica Akhetaton, nella tomba di Neferronpet, sommo sacerdote di Ptah.

I Giardini del palazzo del faraone

Anche se di dimensioni maggiori e molto più ricchi e fastosi, i giardini del palazzo del faraone avevano usi simili a quelli delle abitazioni comuni. Solo in una parte di essi sono stati impiegati come materiali da costruzione le pietre mentre in altri il materiale principale era la paglia mischiata con il fango. Di conseguenza, solo di alcuni di essi si ha traccia ancora oggi ma la maggior parte non hanno lasciato alcuna testimonianza.

I giardini del palazzo, come dice il nome stesso, erano realizzati all’interno di complessi monumentali. Ne sono di esempio quelli di Ramesse II e di Ramses III nel tempio funerario di Medinet Habu. Entrambe erano adornati con giardini di cui oggi si sa ben poco.

Nella città egizia di Amarna, era stato eretto il palazzo del faraone Akhenaton. Il faraone adorava Aton, il dio del sole, uno dei primi sovrani a sostenere una religione monoteista. Poiché la sua capitale era stata costruita ai margini delle terre coltivate, il deserto offriva molto spazio disponibile alla creazione dei giardini, di cui abbiamo alcuni resti.

Il “grande tempio di Aton” era allineato sull’asse est-ovest. Ogni palazzo aveva un certo numero di corti all’aperto. Il termine ‘Harem’ deriva da una parola araba che significa proibito. In Egitto, l’harem era semplicemente il quartiere residenziale di donne e bambini. Era un dormitorio con orti produttivi, campi e frutteti. Le abitazioni all’interno del complesso dell’harem avevano cortili interni, spesso con piante e piscine.

I Giardini di templi e tombe

Poiché i templi e le tombe sono stati costruiti in pietra, si ha una maggiore quantità di resti e da questi si evincono numerose testimonianze su di essi più che sulle abitazioni comuni.

Il più antico tempio conosciuto in Egitto è un cerchio di pietre situato a Nabta Playa, ad oltre 800 km dalla città del Cairo, risalente circa al 4.5000 a.C. . Sembra che la sua funzione principale fosse quella di prevedere le stagioni sulla base di osservazioni astronomiche, oltre ad essere un tempio religioso. A Hierakonpolis, l’antica città di Nekhen, conosciuta anche come la ‘città del falco’, situata lungo le sponde occidentali del Nilo, nell’Egitto meridionale, sorgeva il tempio più antico di un dio conosciuto.

Il tempio era composto da un recinto, con all’interno un tumulo con un pennone sulla sommità. I primi recinti fortificati, realizzati ad Abydos e altrove, potrebbero essere stati utilizzati sia per riunioni religiose che per scopi amministrativi, inclusa la riscossione delle tasse.

Gli storici, talvolta, tendono a fare una distinzione tra templi e tombe. Ma poiché il faraone era sia un dio che un re, questa è una questione piuttosto sottile. Nell’Antico e nel Medio Regno, i piccoli templi lungo il fiume erano collegati da percorsi cerimoniali alle piramidi. Nel Nuovo Regno le tombe vennero realizzate nella Valle dei Re per motivi di sicurezza. I templi venivano progettati simili a case, con laghi e boschi sacri all’interno del complesso e un percorso cerimoniale che portava al fiume.

Nel punto di massima altezza delle inondazioni, la Valle del Nilo appariva come un’armoniosa composizione di acqua e deserto. Quando l’acqua iniziava a defluire, il terreno veniva ricoperto di un fango nero. Per le forti correnti la superficie veniva resa irregolare con tumuli, pianure e cavità. Il sole iniziava a splendere di nuovo e le piante crescevano rigogliose pronte ad offrire rifugio e nutrimento agli animali e agli uomini.

In una illustrazione del Libro dei Morti si mostra uno scriba reale, Nakht, con sua moglie. Stanno davanti alla loro casa. Questa ha un tetto piano per dormire all’aperto e alzatine per garantire la privacy. Le loro mani sono protese in un gesto usato nei geroglifici per indicare il culto. Sull’altro lato della vasca, circondata da nove fichi sicomori e quattro palme da dattero, siede la dea Osiride con Maat dietro di lei. Osiride era il dio dei morti e della risurrezione. Maat era la dea della verità e della giustizia. Una tomba era un regno di pace, verità e giustizia in cui dimorare per sempre.

La tomba di Osiride era costruita con legno di sicomoro e le facevano ombra alberi di sicomoro. Il fico sicomoro (Ficus sycomorus) era considerato la dimora di Hathor e il suo simbolo era usato come geroglifico per rappresentare tutti gli alberi. Questo albero può sopportare fino a sette raccolti in un anno su piccoli rami. Il legno del sicomoro era il materiale preferito per la costruzione dei sarcofagi.

Ogni giardino nei templi aveva un nome. Il giardino di Akhenaton ad Amarna era “Il luogo in cui vedere Aton”. Aton era il disco solare. Il giardino di un santuario lungo il percorso processionale tra Karnak e Luxor era chiamato “Hatshepsut è unito alla perfezione di Amon”.

I templi non erano luoghi in cui i fedeli dovevano riunirsi e pregare, come le chiese e le moschee. Erano complessi esclusivi in ​​cui i sommi sacerdoti eseguivano riti sacri. Poiché il tempio era un modello di creazione, il soffitto rappresentava il cielo, le colonne rappresentavano le piante e il pavimento, allagato dal Nilo, rappresentava le acque da cui emergeva la terra. I piloni si trovavano nel punto in cui nasceva il sole. L’asse processionale era sul percorso quotidiano del sole. Il santuario interno era nel punto più vicino al tramonto. Il complesso del tempio era un punto di congiunzione tra cielo, terra e mondo sotterraneo. Era una porta attraverso la quale gli dei e gli uomini potevano passare tra i mondi. Nei giardini venivano coltivate anche piante con significati simbolici.

Le piante dei giardini egizi

Quello che più stupisce dei giardini degli antichi egizi è la loro somiglianza ai giardini moderni. Anche le piante coltivate al loro interno ci suonano familiari. Le piante più comuni sono quelle con scopi puramente funzionali, come alimentazione e cura, mentre scarseggiano quelle con la sola funzione estetica di decoro. Se dovessimo pensare ad un giardino ben conosciuto oggi per evocare un giardino egizio, senza dubbio faremmo riferimento al giardino mediterraneo, di cui ha moltissimi elementi comuni.

Vediamo di seguito alcune delle piante più usate nei giardini domestici dell’antico Egitto:

  • Papaver rhoeas,
  • Centaurea depressa,
  • Lilium candidum,
  • Althaea ficifolia,
  • Mandragora officinalum,
  • Cyperus papyrus,
  • Nymphaea caerulea,
  • Malus sp.,
  • Medemia argun,
  • Ceratonia siliqua,
  • Ricinis communis,
  • Ziziphus spina Christi,
  • Ficus carica,
  • Phoenix dactylifera,
  • Hyphaene thebaica,
  • Balanites aegyptiaca,
  • Moringa peregrina,
  • Juniperus oxycedrus,
  • Olea europea,
  • Pistacia vera,
  • Punica granatum,
  • Pinus pinea,
  • Ficus sycomorus,
  • Vitis vinifera,
  • Acacia nilotica,
  • Anthriscus cerefolium,
  • Coriandrum sativum,
  • Mentha,
  • Thymbra spicata,
  • Boswellia sp.,
  • Commiphora sp.,
  • Lawsonia inermis,
  • Myrtus communis,
  • Vicia faba,
  • Cicer arietinum,
  • Cucumis melo,
  • Allium sativum,
  • Lens culinarus,
  • Lactuca sativa,
  • Allium cepa,
  • Citrullus lanatus,
  • Salix subserrata.

A questo punto, non vi resta che studiare con cura il giardino egizio e condividere con noi le vostre conoscenze verdi, lasciando una nota sul mio sito!

2 pensieri su “Il giardino nell’antico Egitto

  1. Valter dice:

    Non sono riuscito a trovare la pianta della salvia egiziana , da loro chiamata marmaria, voi ne avete notizie . Grazie gradirei un vostro parere. Buon proseguimento.

    • Codiferro dice:

      L’unica notizia che ho in merito alla cosidetta Salvia egiziana si riferisce al bardaqūsh, il cui nome scientifico è Salvia aegyptiaca, comunemente conosciuta come salvia egiziana. Si tratta di è una pianta aromatica, appartenente alla famiglia Lamiaceae. Questa specie di salvia si presenta in forma arbustiva, con steli principali legnosi alla base e numerose ramificazioni. I giovani rametti sono coperti da una sottile peluria. Questa pianta produce fiori di colore violetto, con forma simile a quella di una piccola campana, anch’essi lanuginosi. Ha foglie assottigliate di forma ellittica e allungate. Il bardaqūsh è una pianta rustica e resistente che riesce a sopravvivere anche per alcuni anni in condizioni di mancanza di acqua. Il suo habitat naturale è costituito da terreni secchi, ricchi di pietrosi, che si trovano principalmente ai piedi delle colline.

      E’ facile da trovare nella regione del Sinai, nella quale viene spesso impiegata come spezia per il condimento di molte pietanze o come ingrediente di una tisana utile alla cura del raffreddore, della tosse e di altre patologie delle vie respiratorie. L’estratto che viene ricavato dalla pianta ha notevoli proprietà antibatteriche e antiossidanti.

      Poichè è molto sfruttata, questa pianta in ambienti naturali rischia di scomparire.

      Buon giardinaggio

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