Un giardino bello da morire: perchè le piante uccidono
Nel corso della storia gli uomini hanno imparato dall’esperienza e dagli errori a distinguere le piante velenose dalle piante innocue, benefiche o addirittura commestibili, tramandandosi un ampio patrimonio di conoscenze. Tuttavia, con l’avvento della scienza moderna molto di tutto questo è andato perduto o dimenticato.
Per questo sarete sorpresi nello scoprire quante delle specie più letali siano presenti nel vostro giardino, nei parchi pubblici e persino tra le piante amorevolmente coltivate in vaso all’interno delle vostre case.
Più i giardini sono belli, più è facile che ospitino piante velenose, decorate da colori e profumi irresistibili. Queste, molto spesso, sono tra quelle più appariscenti, decorative e inebrianti; tra le più generose di fiori e pistilli dalle forme e dai colori irresistibili o di bacche dalle inconfondibili accese tonalità.
Storia delle piante tossiche
Le piante utilizzano i veleni contenuti in fiori, foglie, frutti, radici, ecc. per difendersi da insetti ed animali. Talvolta, tali sostanze sono talmente potenti o concentrate da risultare letali per il malcapitato che le assume involontariamente.
Nell’atichità l’uomo ha imparato a sue spese l’utilità o il pericolo derivante da tutto questo immenso patrimonio vegetale che popola il nostro pianeta. Con il passare dei secoli, le specie più letali sono state evitate con cura oppure usate come armi o cure.
Fin dall’alba di molte civiltà l’uso delle erbe è stato l’unica strada per guarire “Dei”, uomini e animali. Tutti i popoli che si affacciavano sul bacino del Mediterraneo, come Egiziani, Greci, Romani, Arabi e non solo hanno sviluppato una propria scienza erboristica che, in parte, è giunta fino ai nostri tempi, passando dagli alchimisti del Medioevo.
Lo stesso principio attivo presente in una pianta, se assunto in dosi diverse, può avere effetti curativi, letali o allucinatori. Questa è stata una delle scoperte principali del medico e alchimista svizzero Paracelso (Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim), vissuto tra il 1493 e il 1541, considerato il padre della tossicologia. Suo è il famoso aforisma: “Tutto è veleno, nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto”.
A molte piante è stato attribuito un nome latino che ricorda alcune loro caratteristiche principali, come il colore dei fiori, il profumo, l’altezza di crescita. Tutto questo per facilitarne il riconoscimento. L’uso di alcuni termini sta ad indicare che quella pianta è pericolosa, ad esempio l’erba del diavolo (Datura stramonium), o che può essere pericolosa per alcuni animali, ad esempio lo strozzalupo (Aconitum napellus).
Esiste anche una scienza la Etnobotanica, ovvero una disciplina di studi trasversale che si compone di antropologia culturale, botanica e linguistica, che studia come, nelle diverse società, le piante si classificano e di quali relazioni e significati simbolici e metaforici esistono tra piante e uomo.
Dalle radici alle foglie
Quando un seme germina, i primi elementi che spuntano da esso sono le foglie, la radice e il fusto. Ognuna di queste costituisce una parte essenziale della futura pianta che sta crescendo. A ciascuna è riservata una funzione ben precisa in natura. In ogni singolo elemento tra questi si può nascondere un elemento che può rendere la pianta potenzialmente velenosa.
Le radici
Le radici hanno la funzione di ancorare la pianta al terreno o, nel caso delle piante epifite ovvero che vivono ‘appese’, a mantenerla fissata ai rami o ai tronchi di un albero o di un grande arbusto, come avviene per il Vischio e per le Orchidee. Tramite le radici la pianta assorbe l’acqua e i nutrienti necessari per vivere.
Le radici possono avere diverse architetture strutturali:
- in alcuni casi la pianta crea un reticolo ben articolato e diffuso nel terreno, come avviene ad esempio per il Pino domestico,
- in altri, si sviluppa un fittone principale che scende più a fondo nel terreno. Ne è un esempio ben noto anche agli antichi il Cipresso.
Nel caso delle radici che costituiscono un fittone principale, queste vengono usate, spesso, dalla pianta anche per immagazzinare riserve di carboidrati come l’amido, per il momento in cui sarà necessario. Alcuni esempi di organi cosidetti di deposito li possiamo trovare in numerose forme: i tuberi (nelle patate), i bulbi (nelle cipolle) e ancora i cormi, i rizomi, gli stoloni, ecc.
Poichè tutti questi organi adempiono la funzione primaria di immagazzinare energia e acqua, spesso, sono protetti, ad esempio, da strati di cristalli di ossalato di calcio e da altri composti. Tutte queste difese impediscono agli erbivori o ad altri organismi patogeni, come funghi, batteri e lombrichi, di predare la pianta.
I fusti
Per crescere e sostenersi le piante sviluppano tipologie diverse di fusti, in base alla specie. Si va dal sottile stelo delle graminacee, che garantisce alla pianta anche grande resistenza grazie alla sua flessibilità, ai rami più o meno robusti di giovani alberi o arbusti, fino ad arrivare ai ben più solidi e rigidi fusti e rami principali dei grandi alberi.
I fusti hanno più funzioni per la pianta:
- sostengono le foglie al di sopra del suolo per consentire loro di carpire la luce del sole,
- consentono il trasporto dell’acqua e della linfa da e verso le radici per alimentare l’intero apparato.
Il trasporto dei nutrienti avviene attraverso un sistema vascolare di cellule, composte a formare una sorta di condotte principali e secondarie. Il flusso è bidirezionale dalle radici alle foglie, attraverso lo xilema e in tutta la pianta attraverso il floema.
Nel floema scorre continuamente una soluzione ricca di zuccheri, che attrae spesso numerosi predatori, tra cui insetti, funghi, batteri che si alimentano di essa. La circolazione della pianta viene difesa da questi predatori attraverso fibre legnose e da condotti longitudinali.
Se i predatori intaccano i condotti, da questi possono fuoriuscire diverse sostanze, tra cui resina appiccicosa, lattice irritante, che hanno la duplice funzione di allontanare gli ospiti indesiderati e di aiutare la pianta a risarcire le ferite.
Due esempi tra tutti di essudati che possono essere tossici sono quelli emessi dalle Euphorbie e dal Papaver somniferum o papavero da oppio.
Le foglie
La prima cosa che si nota in una pianta, spesso, sono le foglie, specie durante la stagione di crescita. Le foglie sono l’organo principale nel quale le piante compiono la fotosintesi per trasformare la luce in sostanze nutritive. Inoltre, hanno al loro interno i canali per la circolazione linfatica e sono disseminate da piccoli fori, gli stomi, attraverso i quali la pianta svolge la respirazione, con la quale si scambia anidride carbonica con ossigeno.
Un organo del genere è molto importante per la sopravvivenza della pianta e per questo motivo merita di essere protetto con cura. Numerose specie hanno messo a punto i più fantasiosi meccanismi di difesa delle proprie foglie, dalla predazione di insetti e animali erbivori, dall’attacco di funghi e batteri, da pericoli dell’ambiente come la siccità.
Nei climi più caldi le foglie possono essere coperte di una sorta di cera, da un fitto strato di peli sottili, possono essere completamente assenti, come avviene per i cactus. In altri casi, i sottili peli presenti sulle foglie contengono sostante irritanti che allontanano i predatori. Le foglie di altre specie come quelle della quercia, contengono elevate quantità di tannini che impediscono agli erbivori di degradare efficacemente i loro tessuti.
Il contenuto di tossine può anche variare nel corso dell’anno nei diversi stadi di sviluppo delle foglie. Alcune specie hanno maggiori concentrazioni di sostanze tossiche nelle foglie giovani in primavera per difenderle dagli erbivori. In presenza dell’attacco ai danni della pianta, questa può aumentare la presenza di sostanze velenose per difendersi anche da un organismo in particolare. Questi composti sono chiamati fitoalessine, che possono essere immessi in circolo dalla pianta per difendersi da un attacco fungino o da una condizione ambientale avversa.
I fiori delle piante tossiche
Quasi tutte le piante che hanno la naturale dote di uccidere sono piante da fiore. Diversamente da quanto fanno gli animali, le piante non hanno la possibilità di muoversi alla ricerca della compagna o del compagno per riprodursi. Uno degli strumenti più comuni usati dalle piante per la riproduzione è costituito dal vento, il quale trasporta a distanza il polline sugli stigmi dei fiori distanti.
Gran parte delle piante che si servono del vento hanno stigmi e amenti dalle dimensioni contenute e poco appariscenti, che si muovono liberi per facilitare la circolazione del polline.
Le piante che qui chiamiamo velenose, spesso, si sevono degli insetti o di animali per portare l proprio polline da un fiore all’altro. Per ottimizzare questa operazione devono attrarre gli insetti e gli animali più adatti al loro scopo. Sia i fiori che gli insetti spesso si sono evoluti insieme per ottenere il miglior risultato possibile. In alcuni casi una pianta attrae solo un particolare tipo di insetto che si muove solo tra i fiori di quella specie.
Gli strumenti usati dai fiori per attrarre gli insetti sono i più disparati: combinazioni di colori, profumazioni accattivanti, ricompense alimentari, ecc. Non solo fragranze profumate ma anche odori intensi sono utili allo scopo. Se non ci avete mai fatto caso i profumi fruttati sono preferiti da farfalle, api e bombi, gli odori nauseabondi avvicinano mosche e coleotteri.
Il colore è esibito non solo dai petali veri e propri dei fiori ma anche da sepali, nelle Clematis o negli Aconitum, tepali, nei Tulipani, brattee o foglie modificate allo scopo, nell’Euphorbia pulcherrima.
Una curiosità, insetti e animali hanno percezioni diverse dei colori. Gli uccelli sono, di solito, attratti dal rosso e dall’arancione, le api preferiscono le tonalità del blu e dell’ultravioletto. Le falene e i pipistrelli si avvicinano facilmente ai fiori bianchi, meglio visibili di notte.
Il premio più ambito dagli impollinatori è costituito da una sostanza zuccherina, il nettare. Per ottenere la dolce ricompensa l’impollinatore deve venire a contatto con il polline, grazie alla specifica conformazione del fiore, per trasportarlo nel fiore successivo. Piante e impollinatori, come detto sopra, cercano di ottimizzare al massimo questo scambio, creando simbiosi specifiche tra specie ben definite di entrambe.
Per creare fiori che poi sbocceranno, per diventare frutti e semi, le piante impiegano ingenti risorse energetiche. Tuttavia, non possono farne a meno per riprodursi. Allo scopo di migliorare al massimo il risultato, come visto sopra, occorre anche limitare gli sprechi o le razzie da parte di intrusi. A questo scopo la difesa principale delle piante è costituita da sostanze chimiche.
Alcuni predatori che non riescono a raggiungere il nettare naturalmente, allora divorano tutte le parti del fiore dall’esterno. Una difesa efficace, capace di ostacolare questi tentativi è la formazione da parte della pianta di petali ‘velenosi’, come avviene per la Brugmansia e l’Aconitum. Un altro sistema di disincentivo è quello di offrire nettare tossico, come accade per rododendri e azalee.
Semi e frutti
Mediante l’impollinazione, come visto sopra, la pianta riesce a fecondare gli ovuli di altri fiori della stessa specie. Questi si sviluppano fino a diventare frutti.
Come avviene per il polline, anche per i frutti le piante si servono di aiuti esterni per disperderli nell’ambiente. Alcune si affidano al vento o all’acqua, altre alla pelliccia di alcuni animali, quelli più specializzati, per germogliare, devono prima pasare attraverso l’apparato digerente di alcuni uccelli. Ma la fantasia delle piante non si ferma qui, certi semi vengono proiettati in aria da meccanismi simili a molle esplosive.
I frutti per le piante sono molto preziosi, sono beni da difendere con estrema cura perchè da loro dipende la prosecuzione della specie. Le tossine in questa fase fanno una parte molto importante. La loro concentrazione può variare molto a seconda delle specie e dello stadio di maturazione del frutto. Alcuni frutti contengono isotioacianati come deterrenti per i predatori. La protezione del frutto è affidata anche a mezzi meccanici come spessi tegumenti.
Come detto alcuni frutti usano gli animali, che li mangiano per allontanarsi dalla pianta madre. Per evitare danni all’ospite il seme deve modificare la propria tossicità durante la sua vita. Perchè un frutto abbia sostanze capaci di difenderlo da funghi e batteri o tossine nocive all’ospite l’equilibrio è molto sottile.
I frutti possono essere secchi o carnosi. Nel corso del tempo molti modificano la propria composizione, rendendosi più appetibili mantenendo, tuttavia, la tossicità del seme, così accade per pesche e mandorle.
L’elevata tossicità di alcuni semi viene matenuta a lungo per offrire loro una valida difesa fino alla germinazione.
In natura sono presenti numerosi frutti molto velenosi. Ne è un esempio l’Atropa belladonna, molto pericolosa per l’uomo anche dopo la cottura ma non altrettanto per gli uccelli che la disperdono. Anche alcuni conigli sono resistenti alle tossine di questa pianta, poichè producono un enzima atropinesterasi che li protegge scomponendo la tossina, l’atropina, prima che faccia effetto. Ma attenzione a nutrirsi di questi tipi di conigli che si cibano di Belladonna!
Come usare le piante velenose in giardino
Non vi sto suggerendo di rinunciare a tanta bellezza che la natura ci offre. E’ sufficiente fare attenzione a non ingerire a casaccio fiori e foglie di piante la cui commestibilità non sia ben conosciuta. Evitare il contatto di occhi e mucose con il lattice di alcune specie, e comunque lavatevi sempre le mani dopo aver maneggiato le piante presenti in giardino o in casa.
Perchè alcune piante sono tossiche
Accanto alle più conosciute specie spontanee velenose come l’aconito, la belladonna, la cicuta, il vischio, ci sono piante usate per realizzare siepi nei giardini e arbusti ornamentali molto comuni persino nei cortili delle scuole, come l’oleandro, il rododendro, il narciso, l’azalea, la calla, il glicine, il gelsomino, il ricino (ritenuto per via dei semi la pianta più velenosa al mondo).
Tutte nascondono vere e proprie insidie, per cui vanno trattate con un po’ di cautela.
Molte di loro contengono infatti alcaloidi e tossine che possono agire per contatto, per inalazione o per ingestione, provocando nel migliore dei casi bruciore, irritazione locale o indisposizione momentanea, mentre nei casi più gravi causano danni al sistema nervoso, cardiocircolatorio, gastrointestinale, paralisi ed effetti che portano al coma e alla morte.
Per quel che riguarda invece le piante da appartamento, sappiate che ogni singola parte della bella rosa di natale (Helleboro) contiene alcaloidi velenosi assorbibili dalla pelle – tanto che si consiglia di lavarsi bene le mani dopo averla toccata – mentre spatifillo, Dieffenbachia, Ficus elastica e Anthurium sono tossiche per altri motivi.
Se volete ammirare una strana collezione di più di 100 specie di piante velenose vi consiglio il Giardino dei Veleni in Alnwick Garden, uno dei parchi più celebri d’Inghilterra, creato nel 1996 da Jane Percy, duchessa di Northumberland.