Gli orti felici di Paolo PejroneUn paio di sere fa in Palazzo Vecchio ho avuto il piacere di assistere a una brillante lectio magistralis dal titolo: “Per un giardino sano, robusto e sostenibile… E possibilmente bello“, evento in programma per Florens 2012, la seconda edizione della Biennale Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali, che si svolge qui a Firenze.

Paolo Pejrone, il relatore, non ha certo bisogno di presentazioni, essendo apprezzato tra i massimi esperti italiani di architettura del paesaggio, noto come scrittore di libri di successo su giardinaggio, orti, cultura dei giardini, e conosciuto dal grande pubblico anche per i suoi interventi in tv e sulle riviste per appassionati.

 

ritratto PejroneLa sua ricetta per uno spazio verde, sano e sostenibile richiede pochi ingredienti, conditi come sempre di semplice buon senso:

  • I giardini si fanno con diligente sobrietà, saggezza e senso pratico: sono entità semplici e vigorose che devono durare nel tempo; non sono invece “allestimenti effimeri”. Per Pejrone essi sono l’antitesi netta di quegli artifici decorativi tanto cari alle “archistar”, che non sempre s’intendono di piante e di cicli naturali.
  • Giardini e orti devono essere sani, robusti, sostenibili: sono microcosmi creati nel rispetto per l’ambiente, da mantenere puliti da veleni e da sostanze inquinanti.
  • No all’accanimento terapeutico sulle piante: per avere piante rigogliose, “felici” di vivere nel nostro giardino, bisogna provare e riprovare, sperimentando su piccoli spazi; essere concreti e sinceri negli intenti, avendo il coraggio di non incaponirsi per motivi estetici su piante che non prosperano; rinunciare alle specie chiaramente  sofferenti, che dimostrano di crescere o di adattarsi male nel luogo loro destinato.
  • Le piante devono amare infatti il luogo in cui vivono, ed avere bisogno di poche cure. Bastano un poco d’acqua, un buon drenaggio, ogni tanto la pulizia dal legno secco, qualche sfalcio o potatura, e infine un po’ di concime(uno strato del compost che avrete magari preparato voi stessi, “per dare al giardino ciò che gli si toglie”).
  • Il giardino contemporaneo dialoga col bosco: nel senso che è un luogo un po’ anarchico e sicuramente pieno di vita, creato da chi rinuncia a domare la natura, ormai lontano dalla filosofia del giardino all’italiana, tipico in un’epoca con molta più disponibilità di manodopera. Il giardiniere deve andare “con”, non andare “contro”: esistono poi piante con le quali essere particolarmente avari di cure, come le ortensie, i bambù, le peonie, che richiedono interventi scarni e sapienti. La cultura dei giardini all’italianarimane comunque nel nostro DNA ed è nata proprio qui, a Firenze, ai tempi di Cosimo il Grande, committente ben cosciente delle peculiarità delpaesaggio toscano e dell’habitat in cui viveva.
  • La sostenibilità nel giardinaggio è anche saper rinunciare al prato all’inglese in favore di un prato italiano, essendo il primo poco adatto ai climi mediterranei, afflitto dalle erbe infestanti e soprattutto troppo esigente in fatto di acqua. D’altra parte ad ogni ambiente, la suavegetazione: anche noi abbiamo le nostre meraviglie, come i cipressi e gliulivi, che in Inghilterra ad esempio non possono permettersi. Meglio disseminare i nostri spazi di cisti e lavande, come tra i primi fece a suo tempo il toscano Guido Degl’Innocenti, contribuendo a dare dignità estetica e diffusione alle nostrane “piante sostenibili”, arbusti utilizzati una volta solo in qualità di utili essenze.
  • Viva gli orti, anche se ultimamente sono un po’ troppo una moda. Rappresentano un modo diretto ed efficace di riavvicinare i cittadini alla cultura contadina e di coinvolgerli nel presidio del territorio, fin dal periodo scolare.

Il rispetto per la natura è rispetto del mestiere di giardiniere: quello per  il “fare” dello sporcarsi le mani con la terra.
Proprio grazie a questa manualità e fisicità del lavoro, esperita nella tenuta di famiglia, dall’età di 14 anni Pejrone ha deciso di dedicarsi al mestiere del giardiniere, girando il mondo, prima in Inghilterra con Russel Page e poi in Brasile con Roberto Burle Marx.

Per due secoli sono stati gli inglesi a dettar legge in fatto di giardini: oggi il ruolo di innovatori va invece ai francesi, abili e acuti, che hanno fatto di Parigi un centro di sperimentazione e di importanti mostre mercato come quella di Courson,  un canale perfetto per divulgare una cultura del giardinaggio a portata di tutti, meno elitaria.

Per diventare un giardiniere completo bisogna poi viaggiare e visitare moltigiardini, per carpirne sensazioni, luci, ombre, profumi, venti, esseri viventi.Pejrone cita ad esempio il giardino botanico di Monaco di Baviera, con i suoi 100 giardinieri a curare 6 ettari di collezioni, dove “le uniche erbacce, come il tarassaco o le ortiche, c’erano perché coltivate”.

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