Roberto Burle Marx: storia di un botanico e paesaggista visionario part.2

L’eredità di Burle Marx risiede nella sua rete di parchi urbani che ridisegna l’identità di città come Brasilia (dove progetta assieme all’architetto Oscar Niemeyer e all’urbanista Lucio Costa), rimanendo coerente con una gestione del territorio rispettosa dell’ambiente; risiede nei suoi innovativi toits-jardin, come nelle sperimentazioni dei giardini del Palácio Capanema (MES) di Rio, visti come omaggio e critica al razionalismo di Le Corbusier.
Ma la sua opera più conosciuta rimane il waterfront sull’Avenida Atlantica di Rio de Janeiro: qui, come a passo di danza, volute bianche e nere, aiuole verdi, maioliche e mosaici policromi, che sembrano seguire l’ondeggiare dei corpi impegnati in una samba carioca, popolano e danno identità in movimento al vuoto urbano del caos cittadino, che si affaccia sull’oceano e sulla linea delle spiagge.
Il lungomare di Burle Marx è un tappeto che incornicia fisicamente lo scarto filosofico fra il tempo anonimo del lavoro e del traffico e il tempo vivace e disponibile delle spiagge.
A pochi chilometri da Rio de Janeiro in Guaratiba sorge invece il sitio, la tenuta di campagna di Roberto Burle Marx, con i suoi 35 ettari di parco e le migliaia di piante indigene e importate, a comporre scenografie di diverse altezze, nei toni più differenti del verde, come arte astratta vivente che circonda la sua casa piena d’opere d’arte.
Nella sua vita egli ebbe modo di partecipare più volte a spedizioni nelle foreste tropicali, tanto da scoprire nuove specie botaniche, come l’Heliconia aemygdiana, di cui molte portano il suo nome.
A chi volesse saperne di più segnalo il bel catalogo pubblicato dalla Cité de l’Architecture & du Patrimoine di Parigi, in occasione della mostra dedicata al grande paesaggista e protagonista della cultura brasiliana del ’900.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]