Prato perfetto: è possibile averlo? A quali costi per l’ambiente?
Da alcuni anni, numerosi studiosi di diversi paesi del mondo sostengono che le operazioni volte alla realizzazione e manutenzione di un prato ornamentale hanno un forte impatto sull’ambiente. Alcuni di essi suggerirebbero di adottare soluzioni alternative per il verde ornamentale, per creare giardini altrettanto belli e fruibili ma più in armonia con l’ambiente.
Come possiamo facilmente vedere in questi giorni, l’emergenza climatica non è più solo un argomento utile a scrivere titoli di giornali ma è ormai diventata un fatto reale. Molti di noi, fino a pochi anni fa, erano scettici sulle conseguenze delle azioni dell’uomo sull’ambiente e sul clima del pianeta ma dopo un inverno e una primavera con piogge quasi assenti e con un mese di giugno con temperature record per settimane consecutive, credo abbiano ormai pochi dubbi.
Le informazioni e i dati disponibili per verificare lo stato di fatto del clima e dell’ambiente sono alla portata di tutti attraverso le molteplici risorse della rete. Con esse è anche cresciuta la sensibilità, la consapevolezza e l’attenzione di tante persone nei confronti delle conseguenze delle loro azioni quotidiane e delle loro abitudini sull’ambiente.
Più volte abbiamo descritto i benefici effetti del giardinaggio e dei giardini sulla nostra salute e sull’ambiente circostante. Negli ultimi anni i paesaggisti e i giardinieri più attenti hanno cercato di sensibilizzare i loro clienti nella realizzazione e manutenzione dei propri giardini con un occhio rivolto al rispetto dell’ambiente. I tappeti erbosi sono uno degli argomenti più dibattuti in merito alla loro sostenibilità ambientale.
Specie nei paesi di origine anglosassone il prato ornamentale è ormai considerato un must del giardino. Un giardino senza prato non ha valore ornamentale. Tuttavia, si iniziano a levare voci contrarie a questa convinzione comune, secondo le quali i tappeti erbosi, visti i cambiamenti climatici in atto, stanno diventando anacronistici e poco sostenibili.
Pensate a quanta acqua occorre, ogni giorno, per avere in estate un bel prato verde. Secondo alcune stime approssimative servono circa 5 litri di acqua per metro quadro di tappeto erboso, ogni giorno. Questo in condizioni climatiche ordinarie ma con temperature che sfiorano o superano i 40°C, la quantità di acqua raddoppia facilmente.
Recentemente, un cliente mi ha contattato dicendo che il suo prato non era in buone condizioni, nonostante facesse funzionare l’impianto di irrigazione per oltre 12 ore al giorno continuate! Questo in giorni in cui le autorità di ogni ordine e grado “suggeriscono vivamente” di ridurre i consumi e gli sprechi di acqua!
Potremmo sostituire i prati ornamentali con altri tipi di colture che necessitino minori cure e manutenzioni più contenute? Credo di si. Esistono numerose alternative al tappeto erboso ornamentale monocultivar. Tuttavia, per chi non volesse rinunciarvi, potrebbero essere impiegate specie e varietà di piantine più parche nei consumi di acqua, nelle manutenzioni e provenienti dall’ambiente circostante.
Un tappeto erboso riesce ad assorbire una certa quantità di anidride carbonica ogni giorno, liberando l’atmosfera da questo gas. Molti studiosi contrari alla pratica di avere tappeti erbosi perfetti, segnalano che i benefici portati dai prati ornamentali non riescono a far pari con le conseguenze negative dovute alle intense manutenzioni, al forte consumo di acqua e a tutte le altre pratiche necessarie per mantenerli belli ed in buona salute (ad esempio uso di diserbanti selettivi, concimazioni, antifungini, ecc.).
I prati ornamentali sono ormai diffusi in parti del mondo distanti tra loro e con condizioni ambientali eterogenee. Questo è dovuto a fattori culturali più che estetici o agronomici. Come conseguenza immediata si ha una forte diminuzione della biodiversità e una riduzione di habitat adatti alla proliferazione di insetti impollinatori, come api e bombi e di insetti utili come le coccinelle. La loro presenza testimonia la buona salute dell’ambiente in cui si trovano e la presenza di biodiversità, utile per le piante ma anche per gli animali e l’uomo.
Il taglio settimanale del prato impedisce alle specie presenti in esso di produrre fiori, tenendo lontani gli insetti impollinatori. Inoltre, la riduzione continua dell’altezza del filo d’erba comprime notevolmente la capacità della pianta di assorbire anidride carbonica, di purificare l’aria e diminuisce l’umidità del terreno. In un altro post di questo blog abbiamo descritto come le piante riescono a ridurre gli inquinanti presenti nell’aria naturalmente. Tra i fattori che influiscono in questo processo, uno di essi è la quantità di superficie fogliare esposta all’aria. Minore superficie fogliare, minore purificazione dell’aria e assorbimento di inquinanti.
Oggi tutti sono d’accordo sulla necessità di ridurre lo spreco di acqua per contrastare i terribili effetti della siccità. Nonostante ciò, mancano azioni politiche condivise e di lunga visione volte a rendere endemico il risparmio idrico. Potrebbe essere d’esempio quanto fatto negli Stati Uniti, in California, dove le autorità preposte incentivano la sostituzione del tappeto erboso ornamentale con altre soluzioni estetiche o con altre specie mediante la concessione di sconti sulle forniture dell’acqua.
Come appena detto, non tutti sono d’accordo e alcuni comuni, sempre negli Stati Uniti, impongono per legge l’altezza dei prati ornamentali, che i cittadini devono mantenere diligentemente, pena una multa in caso di inottemperanza della legge. La giustificazione data a tali norme è dovuta alla necessità di mantenere il paesaggio urbano uniforme, per garantire il decoro.
Il prato come aspetto culturale ed ecologico
La globalizzazione e l’ampiamento dell’estensione della superficie occupata dalle grandi città in tutte le parti del mondo ci stanno indirizzando verso un paesaggio urbano omogeneo, indifferenziato per città come Tokyo, Roma, Dubai, New York, Pechino. Le piante impiegate per realizzare piccoli o grandi parchi urbani in diverse parti del mondo sono quasi sempre le stesse. Non meravigliatevi di trovare in un giardino di Tokyo o di Dubai un olivo o un corbezzolo. Non importa il clima o la latitudine, importa solo l’effetto estetico globalizzato.
Se avete o avete avuto un figlio, vi ricorderete il sapore dei primi omogeneizzati usati per lo svezzamento. Il sapore, pur cambiando etichetta e gusto, spesso, rimaneva immutato, tendenzialmente dolce ed insipido. Un elemento simile all’omogeneizzato è il prato ornamentale, presente ovunque nei paesaggi dei parchi e giardini urbani e quasi sempre con le stesse caratteristiche (verde intenso, tagliato basso, ecc.).
Per ottenere un tappeto erboso ornamentale sano e di bell’aspetto, indipendentemente da dove si trovi e da come venga impiegato, le scelte per la sua manutenzione sono molto limitate: impiego di grandi quantità di acqua, concimazioni frequenti, ecc..
Oggi, i prati occupano gran parte degli spazi verdi nelle città, ben oltre il 60%, e si trovano nei giardini privati, nei parchi pubblici, nei cimiteri, nei campi da golf e lungo le strade. Per un neofita del verde i prati sono assimilati ad un elemento “naturale” irrinunciabile nel paesaggio urbano.
L’ideale sarebbe, invece, pianificare, progettare e gestire i prati in ambiente urbano in modo sostenibile, secondo un approccio interdisciplinare, insegnando a tutti che esistono anche alternative altrettanto valide ma più rispettose dell’ambiente.
L’erba dei prati è la coltura irrigua non alimentare più diffusa d’America. Non sono nemmeno immaginabili le quantità di pesticidi, diserbanti e acqua impiegate ogni giorno per mantenere in salute il prato.
Joan Iverson Nassauer, ecologista del paesaggio e architetto, lavora nel campo della progettazione del paesaggio secondo criteri ecologici. Sviluppa progetti volti al miglioramento dei servizi dell’ecosistema e utilizza i metodi delle scienze sociali per capire come l’esistenza dell’uomo influenza ed è influenzata dal paesaggio circostante.
Quando Joan Nassauer si è trasferita nella sua nuova casa oltre venti anni orsono, il giardino era quasi in tutto e per tutto simile a quello dei vicini. Era tutto coperto da prato ornamentale, liscio, uniforme e del tutto innaturale.
La sua prima idea è stata quella di modificare la monotonia esistente. Dopo anni di sperimentazioni, tentativi e grande fatica, oggi, il suo giardino è composto da circa il 10 percento di superficie dedicata alla coltivazione di verdure, frutti, ortaggi, il 20 percento da giardino naturale, il 5 percento dedicato al compostaggio e il 25 percento occupato da alberi di ogni tipo e solo una piccola parte è rimasta a prato.
L’obiettivo principale che ha perseguito è stato quello di rendere la sua proprietà abbastanza capace di far fronte ai cambiamenti climatici.
Da tutto quello che vedo e leggo ogni giorno, dai continui confronti con clienti e colleghi l’abitudine ad avere un prato ornamentale di fronte o dietro casa è una consuetudine molto ben radicata e difficile da far cambiare.
Il proprietario tipico di un tappeto ornamentale ben curato ha un livello di istruzione tendenzialmente alto, una buona disponibilità economica, è ben disposto ad impiegare pesticidi e concimi chimici per ottenere lo scopo desiderato. Allo stesso tempo, è consapevole dei danni delle sue azioni in giardino ma non è disposto a rinunciare al risultato.
La storia del prato ornamentale
Uno dei primi riferimenti al concetto di erba collegato al giardino si trova nelle pagine della Sacra Bibbia. Allo stesso tempo, nella cultura persiana prima e in quella araba poi, i prati erano una parte integrante dei giardini, intesi come luoghi di piacere e di rappresentanza. Le piante usate per questi primi tappeti erbosi ornamentali erano costituite da specie tappezzanti, fiorite, a crescita lenta.
Successivamente, in epoca pre-medievale i prati acquisirono un importante valore strategico nella difesa della comunità. Il centro abitato era circondato da distese di campi coltivati ad erba. Questo aveva il duplice scopo di nutrire gli animali con il foraggio che producevano e, allo stesso tempo, mantenevano libera la vista dell’orizzonte. In questo modo, le postazioni di guardia erano in grado di scorgere già da lontano i visitatori e capire se potevano rappresentare un pericolo per la comunità o meno. Erano questi gli antenati dei moderni parchi urbani.
La nascita della cultura del tappeto erboso ornamentale è relativamente recente nella storia dell’uomo. I primi riferimenti testuali a prati ornamentali si hanno nella letteratura inglese del Medioevo. Anche in questo caso, la composizione dei prati è data da erbe a bassa crescita, uniti a specie da fiore dal portamento basso.
Nella letteratura del XIII secolo si trovano anche i primi riferimenti moderni a giochi svolti su campi in erba, tra questi anche il cricket o le bocce.
Giardini e campi da bocce più elaborati, con caratteristiche specifiche e maggiore manutenzione si sviluppano durante il XVI secolo. In questo periodo si hanno anche le prime tracce di uno sporto giocato su campi in erba con una palla, il calcio. Tra il XVI e il XVII secolo i tappeti erbosi divengono di uso più frequente in Gran Bretagna, Germania, Francia, Paesi Bassi, Austria e in altre località del nord Europa. Molte delle città e villaggi di quel periodo possiedono uno spazio che veniva chiamato verde comune o a brughiera ovvero una porzione di terreno coperta da un tappeto erboso e che fungeva da parco urbano medievale e area ricreativa.
Il gioco del golf inizia ad essere praticato su dislivelli naturali e su terreni coperti di erba in prossimità delle aree marine. Questi prati naturali sono per lo più composti da specie di Agrostis e Festuca. La falciatura del prato è un’attività riservata alle pecore.
Nel 1665, si hanno le prime raccomandazioni su come preparare il letto di semina, sulla selezione della zolla di prato pre-coltivato, su come raccogliere la zolla e su come posare la zolla per preparare un campo da golf.
I primi tappeti erbosi sono stati coltivati con lo scopo ornamentale in giardini, giardini fioriti, giardini di piacere e aree verdi nel Seicento e nel Settecento.
Nel XVIII secolo si amplia l’uso del prato ornamentale ai cimiteri. Nello stesso periodo numerosi libri e pubblicazioni contengono descrizioni dettagliate sulla cura del prato. Per la prima volta si è parlato di falciare, arrotolare, bordare, diserbare e seminare.
Edwin Beard Budding ha inventato e brevettato il primo tagliaerba per tappeto erboso nel 1830, con l’inizio della produzione su scala industriale nel1832.
All’inizio del XIX secolo il prato ornamentale guadagna ancora più attenzione sui libri di giardinaggio. Queste erano principalmente pratiche e operazioni svolte sulla base di esperienze empiriche e di tentativi. Ancora la scienza non ha messo radici nella cura del tappeto erboso ornamentale.
Il vero sviluppo della cultura del prato ornamentale, con studi condotti a livello scientifico, si ha negli Stati Uniti. Qui il prato è divenuto uno status sociale.
In poco tempo, dopo la Seconda Guerra Mondiale, i prati ornamentali sono stati associati al concetto di ordine e alla volontà di condividere comportamenti che portassero a mantenere o ad aumentare il valore delle proprietà immobiliari. Le fabbriche fino ad allora impiegate per la produzione di ammoniaca per la fabbricazione di ordigni bellici, sono riconvertite alla produzione di fertilizzanti per i prati e per l’agricoltura.
Per tanto tempo il prato ornamentale è stato sinonimo di benessere economico. Per mantenerlo in buona salute e di bell’aspetto era necessario, prima dell’invenzione del tagliaerba molto lavoro e manodopera.
Con il passare degli anni, le città hanno iniziato a crescere in dimensione e a dare alla classe media la possibilità di avere aree coperte da un bel prato ordinato e sempre verde. Il prato è spesso sinonimo di benessere e di agiatezza. Cinema, letteratura, pubblicità contribuiscono a creare e a mantenere questo ideale.
Cresce in modo esponenziale l’uso di fertilizzanti, di diserbanti, e pesticidi. I loro residui sono trasportati dalle acque piovane nei fiumi, nei laghi, in mare. Ecco uno dei nuovi, per l’epoca, problemi connessi ai tappeti erbosi, l’inquinamento delle falde idriche.
L’invenzione del tagliaerba intensifica l’attività di manutenzione del prato, con falciature sempre più frequenti. Le falciatrici, ancora rudimentali, emettono dalla combustione grandi quantità di gas serra. Un ulteriore problema connesso alla gestione del prato.
I tagli frequenti per mantenere l’aspetto ordinato del prato riducono la parte vegetata delle piccole piante di erba, eliminando completamente le fioriture. Gli insetti utili e gli impollinatori non trovano più un ambiente ospitale. Anche altre specie di piante da prato, oltre a quelle seminate, trovano un habitat ostile che impedisce la loro proliferazione. Si scombina in questo modo l’equilibrio della biodiversità.
Gli studiosi e gli ambientalisti consigliano di destinare gli spazi occupati dai prati almeno in parte ad altre colture più utili, tra cui colture orticole, alberature o graminacee autoctone, che possano svilupparsi senza fatica in tante parti del mondo.
Prato ornamentale: sostenibilità
In periodi di siccità, crisi idrica, precipitazioni violente ed improvvise, come non indicare gli effetti positivi dei tappeti erbosi di avere una forte traspirazione ed evaporazione dell’acqua, utile a smorzare gli effetti del grande caldo. Un terreno coltivato a prato ornamentale ha una maggiore capacità, rispetto ad una superficie pavimentata, di drenare l’acqua piovana e di rallentarne il deflusso sulla superficie.
Come detto sopra, il prato assorbe una grande quantità di anidride carbonica, tuttavia, l’attività di manutenzione ne libera più di quanta il prato riesca ad assorbire. Talvolta, i vantaggi che il prato ornamentale porta all’ambiente sono minori di quelli negativi. Forse, sarebbe più utile mettere a dimora nei parchi e giardini delle città specie di piante provenienti dal territorio, capaci di sopportare anche condizioni siccitose e che richiedano minori interventi manutentivi.
Potremmo tentare di rinaturalizzare le aree verdi delle città, coltivando specie autoctone, attirando insetti utili ed impollinatori, offrendo riparo agli animali selvatici.
Se ancora non siamo pronti a tutto questo, potremmo pensare di tagliare meno i tappeti erbosi, facendoli crescere un po’ di più per poter catturare maggiori quantità di anidride carbonica.
Una prateria allo stato naturale è più resiliente e offre maggiori benefici all’ambiente di quanto non faccia un bosco, se pensata in riferimento alla sempre minore disponibilità di acqua, alle ondate di calore, agli incendi, ecc. .
Avere un giardino che richieda poca manutenzione richiede grande esperienza e capacità da parte di chi lo cura. Questo, spesso, non comporta risparmi di denaro. Inoltre, una ridotta manutenzione del prato comporta uno sviluppo di quelle che oggi sono considerate malerbe, diminuendo il valore estetico del prato agli occhi di molti.
Non è facile giocare a palla su di un prato con l’erba alta e non perfettamente curata! Molti preferiscono l’estetica alla sostenibilità ambientale.
Al termine di questo post mi sento di consigliare a tutti voi di cercare di realizzare delle alternative al prato ornamentale monospecie e quasi perfetto. Se non sapete come fare contattatemi, insieme cercheremo la soluzione migliore per il vostro giardino.