L’Orto Botanico dell’Università di Padova: la storia e le piante più importanti
,Padova è famosa nel mondo per più cose: tra queste la basilica di Sant’Antonio, per la Cappella degli Scrovegni, per il Palazzo della Ragione, per il Prato della valle e per il suo Orto botanico. Quest’ultimo si trova vicino alla Basilica di Sant’Antonio. Entrambe sono fonte di pace, ispirazione e rilassamento. Passeggiare per l’Orto botanico offre una pausa dalla confusione della città, oltre che spunti di riflessione e ammirazione per tutti gli appassionati di botanica e giardinaggio.
L’Orto botanico di Padova è il più antico giardino botanico Universitario del mondo che ha conservato la sua sede e la sua struttura originaria, quasi inalterata. Al suo interno sono raccolte piante che nel 1545, anno della sua fondazione, erano assai rare e preziose.
Grazie alla sua notevole rilevanza storica e scientifica, l’Orto botanico di Padova è stato inserito nel 1997 nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, con la seguente motivazione: “L’Orto botanico di Padova è all’origine di tutti gli orti botanici del mondo e rappresenta la culla della scienza, degli scambi scientifici e della comprensione delle relazioni tra la natura e la cultura. Ha ampiamente contribuito al progresso di numerose discipline scientifiche moderne, in particolare la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia.
Nel 2014 l’originale impianto è stato ampliato con la realizzazione del Giardino della Biodiversità, costituito da una grande serra che contiene fantastici esemplari di piante provenienti da ogni parte del mondo.
L’Orto botanico di Padova: una breve storia
L’orto fu fondato il 31 luglio 1545, su decisione del Consiglio dei Pregati della Serenissima Repubblica di Venezia, che accolse la proposta del professore universitario, allora “lettore dei semplici”, Francesco Bonafede di istituire a Padova un Horto Medicinale o Hortus simplicium, dove poter coltivare e studiare le piante medicinali locali ed esotiche, in breve un orto botanico didattico. In questo modo, il terreno un tempo di proprietà dei monaci benedettini di Santa Giustina, si trasformò in un esempio nel mondo dal punto di vista scientifico e didattico. Così si potevano meglio illustrare dal vivo agli studenti le piante di interesse medicinale che venivano illustrate durante le lezioni di botanica erboristica tenute presso l’Università.
Questo perché le cure terapeutiche del tempo si basavano soprattutto sulle piante medicinali e la loro applicazione era basata prevalentemente sull’interpretazione e, talvolta controversa trascrizione, degli antichi trattati medici greci, latini e arabi. Con un Horto a disposizione, gli studenti potevano avere una conoscenza non solo teorica ma anche pratica delle erbe medicinali del tempo. Nel XVI secolo la botanica era la scienza che studiava l’applicazione delle proprietà delle piante in campo medico. Da alcune specie e varietà si ottenevano i cosiddetti preparati “semplici”. Questi rappresentavano la base per realizzare alcuni dei più usati rimedi farmacologici per la cura delle malattie del tempo.
La necessità di conoscere il più a fondo possibile le piante era di primaria importanza. Molte piante hanno proprietà straordinarie, altre non hanno specifici attributi curativi, altre ancora sono addirittura tossiche o velenose per l’uomo. Una conoscenza sommaria o non completa poteva compromettere la capacità del “medico” di curare la malattia del paziente, se non addirittura di farlo soccombere. Le lezioni universitarie si chiamavano lectura simplicium e avevano lo scopo di insegnare agli studenti a riconoscere alla perfezione le piante, non solo con le illustrazioni degli erbari del tempo.
Non esistono documenti storici certi che attestino la paternità del progetto dell’Horto medicinale. Alcune fonti testimoniano il coinvolgimento diretto nella costruzione dello stesso dell’architetto di origini bergamasche Andrea Moroni, ideatore anche del cortile antico di Palazzo Bo. Sulla sua costruzione e progettazione ebbero un certo rilievo anche le idee scientifiche e filosofiche diffuse in quel periodo storico. In breve, si costruì un’opera ricca di simboli e significati geografici, astrologici e anche esoterici, grazie al coinvolgimento non trascurabile di Daniele Barbaro, umanista, scienziato e cardinale della Chiesa cattolica. Anche Pietro de Noale, docente di medicina dell’Università di Padova non mancò di offrire il proprio contributo significativo.
L’architettura dell’orto botanico di Padova
L’impianto architettonico dell’Orto botanico è testimonianza della ricerca di equilibrio e perfezione delle forme, tipica dell’Umanesimo.
L’orto ha una forma circolare, con una ripartizione geometrica interna, oltre a molti riferimenti e simbologie cosmologiche, proprie della cultura rinascimentale. Sono state create numerose aiuole al fine di coltivare un gran numero di specie di piante. La struttura dell’Orto botanico originale ha una pianta quadrata, a sua volta suddivisa in quattro quadranti, divisi da viali perpendicolari. I quattro “quarti”, in cui era divisa l’area, indicati anche come “spalti” in quanto in origine sopraelevati di circa 70 cm rispetto ai viali, erano a loro volta ripartiti in aiuole (“areole”), progettati per formare eleganti disegni geometrici, diversi l’uno dall’altro. Questo a testimoniare la ricerca di armonia tipica dell’architettura rinascimentale. Successivamente, nel 1552 a chiudere la forma originale dell’Orto fu eretto un muro dalle dimensioni importanti, di forma circolare, con quattro porte, una per ogni punto cardinale. Questo fu fatto allo scopo di limitare i furti delle preziose piante coltivate all’interno.
In breve, si arrivò a realizzare un hortus cinctus, hortus sphaericus, hortus conclusus o orto chiuso, a richiamare la forma e l’idea dell’arcaico giardino dell’Eden o giardino del Paradiso: un giardino paradisiaco, ricco di molte delle preziose piante che la natura poteva offrire per lenire le sofferenze dell’uomo.
Per avvicinare la tradizione di una struttura secolare all’apertura al futuro e a nuovi studi, a fianco dell’Orto botanico, nel 2014 è stato inaugurato il Giardino della Biodiversità, dove il visitatore compie un viaggio attraverso la vegetazione della Terra, ain di serre tecnologicamente avanzate. Al suo interno, le specie che fanno parte del progetto divulgativo vivono in ambienti che ricreano le condizioni climatiche delle diverse aree del nostro pianeta. In questi spazi le piante descrivono anche il loro rapporto con l’uomo, consolidato nei secoli, dove sono usate per: nutrire, curare e costruire.
Le collezioni attuali dell’Orto botanico di Padova
Attualmente, l’Orto botanico di Padova conserva al suo interno circa 6000 esemplari di piante, disposte soprattutto all’aperto e contrassegnate da etichette che riportano il nome scientifico, la famiglia di appartenenza, oltre che l’iniziale dell’autore che per primo le ha studiate, il luogo di origine e l’anno di ingresso nell’Orto.
Alcune piante hanno una finalità utilitaristica; tra queste ci sono, soprattutto, le piante medicinali, di impiego sia farmacologico che erboristico.
Altre piante hanno valore estetico, come le pittoresche piante acquatiche, che crescono in due grandi vasche, e che sono ancorate al terreno, come le Nymphaea, Nelumbium e Pontederia, o galleggianti, come il giacinto d’acqua.
All’interno delle serre, ci sono orchidee, piante tropicali, piante grasse e carnivore. Queste ultime costituiscono una delle raccolte più rinomate dell’Orto, con circa 30 specie soprattutto di provenienza esotica. Tra le varie specie troviamo le Dionaea, la Drosera, la Pinguicula, la Nepenthes, la Sarracenia.
In tempi recenti, è stata allestita una raccolta di piante velenose che hanno soprattutto una finalità didattica e presentano, sul cartellino anche il grado di tossicità.
Così come per altri orti botanici in Italia, l’Orto botanico di Padova ha contribuito a introdurre e diffondere molte piante esotiche in Italia, tra cui la magnolia, il gelsomino, la Robinia pseudoacacia, l’Ailanthus altissima, l’Agave americana. Tra le diverse specie introdotte in Italia attraverso L’Orto botanico di Padova ci sono anche alcune importanti piante alimentari, tra cui: il rabarbaro, il girasole (Helianthus annuus), la patata (Solanum tuberosum).
Alberi unici nell’Orto botanico di Padova
La pianta più antica dell’Orto botanico di Padova è la Palma di San Pietro, piantata nel 1585 e conosciuta anche come Palma di Goethe. Il poeta tedesco era in visita a Padova nel 1786, per sviluppare uno studio sulla metamorfosi delle piante, originato dalla sua grande passione per la natura e le piante. Mentre visitava l’Orto, Goethe pose la sua attenzione in particolare su questa palma nana (un esemplare di Chamaerops humilis) piantata molti decenni prima.
Dall’osservazione della forma delle foglie di questa palma, il poeta elaborò una teoria sull’origine delle foglie delle piante, descritta nella sua opera Metamorfosi delle piante, pubblicata nel 1790.
Quella palma, conosciuta da allora come la Palma di Goethe, è ancora presente nell’Orto, con un’altezza di circa otto metri e gode di ottima salute, coltivata all’interno di una serra costruita ad hoc per tenerla lontana dalle insidie del gelo invernale.
Un altro esemplare singolare presente in questo insuperabile giardino botanico è un albero di Ginko biloba. Il Ginko, come molti appassionati di giardinaggio sanno, è una pianta dioica ovvero può essere o maschio o femmina. Quella dell’Orto di Padova è un maschio, che non produce i frutti dal caratteristico aroma maleodorante, se non in un solo ramo di genere femminile che è stato innestato.
All’esterno della parte cinta dall’alto muro di forma circolare, hortus cinctus, si trova un’area destinata alla coltivazione delle piante ad alto fusto dalla consistenza legnosa. Tra i diversi esemplari unici troviamo un Platanus orientalis, messo a dimora nel lontano 1680. Oggi il suo tronco ha all’interno un’ampia cavità che si è originata a causa di un fulmine che ha quasi carbonizzato la pianta in passato.
Il Giardino della biodiversità
Se avrete la fortuna di visitare questo splendido esempio di orto botanico, concluso l’itinerario all’interno della parte storica originale, troverete un piccolo passaggio che vi farà entrare, come per magia, in un nuovo mondo. Un grande prato si presenterà davanti a voi prima di accedere alla nuova struttura della serra inaugurata nel 2014, che ospita il Giardino della Biodiversità.
La nuova serra è stata costruita nel rispetto delle sempre più attuali esigenze di efficienza e l’autosufficienza energetica. Al suo interno sono riprodotte parti con vegetazione tipica di diverse zone climatiche del nostro pianeta: foreste tropicali, macchia mediterranea, deserti caldi.
Un catalogo vivente unico nel suo genere, che permette al visitatore oggi, come all’alunno del 1545, di osservare le numerose piante presenti dal vivo, in un ambiente in cui vivono e si sviluppano, come si adattano all’ambiente circostante e come da esso possono trarre tutto quello di cui hanno bisogno.
Per tutelare il loro elevato valore storico, la cura e la manutenzione di parchi e giardini storici come questo deve essere eseguita da professionisti che abbiano competenze trasversali di storia del paesaggio, botanica e agronomia, così da conservarne lo stato originario.
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