Il nostro paese ha tante oasi di pace e bellezza, nate dalla passione di scienziati, nobili e viaggiatori e che spesso circondano ville e castelli. Scopriamone qualcuno!

Per un turista che visita l’Italia o per un italiano in cerca di cultura e nuovi interessi, una delle cose più gratificanti e rilassanti da fare è visitare uno dei bellissimi giardini che decorano il nostro bel paese. Si possono trovare ed osservare giardini con preziose ed uniche collezioni botaniche, splendidi giardini perfettamente inseriti nel paesaggio circostante, giardini all’italiana capaci di portare refrigerio nelle torride giornate estive e sicura ispirazione in un grigio mattino d’inverno. Quale giardino vorreste visitare?

Una estesa ed intricata rete verde capace di offrire una variegata gamma di esperienze a chi ama l’arte, la cultura, la natura e la botanica.

Scopriamone qualcuno insieme!

Ventimiglia: Giardini Botanici Hanbury

Ventimiglia: i Giardini Botanici di Villa Hanbury

Adagiato sul promontorio di Capo Mortola, un tempo coltivato a vigneti e ulivi, sorge uno dei giardini più famosi d’Italia per la notevole presenza di piante provenienti dalla fascia tropicale e subtropicale di tutto il mondo. Creati nell’Ottocento da Sir Thomas Hanbury (e oggi gestiti dall’Università di Genova) sono un luogo di grande fascino. Tra le collezioni più importanti ci sono le acacie ed gli eucalipti australiani; cactus e agavi americane; euforbie e aloe africane; agrumi di antiche varietà indo-indocinesi.

I giardini di Villa Hanbury sono uno dei giardini più belli della Liguria e d’Italia. Un tesoro botanico colmo di migliaia di piante esotiche.

Il giardino si trova su Capo Mortola, un promontorio della Riviera del Ponente Ligure. Le colline che lo circondano con la loro protezione unica e il mare che lo abbraccia ogni giorno, con esposizione a sud-ovest, garantiscono un clima mite, che in inverno non vede quasi mai il termometro scendere al di sotto dello zero.

Lo scenario che si apre dalla visita al giardino di Villa Hanbury è bellissimo. Una gran parte del terreno del giardino è coperto da vegetazione spontanea tipica della macchia mediterranea, tra cui prevalgono: mirto, Myrtus communis, pino d’Aleppo, Pinus halepensis, querce, allori, acacie e fichi. La parte rimanente della superficie del giardino la si può definire un giardino di acclimatamento di piante esotiche provenienti dalle zone tropicali e subtropicali di California, Cile, Sud Africa e Australia. Tutto questo tesoro è stato introdotto nel Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

Il giardino botanico di Villa Hanbury ebbe origine dalla visione di Sir Thomas Hanbury. Egli nacque alla periferia di Londra, dove fondò, all’età di ventuno anni un’azienda specializzata nell’importazione di seta, tè e spezie dalla Cina. A soli trenta anni, aveva accumulato una tale fortuna che gli permise di realizzare il suo sogno: trovare una residenza degna di lui, in un luogo con un perfetto clima mediterraneo, indicata per realizzare un giardino di acclimatamento per piante esotiche. Un luogo attraverso il quale trasmettere la sua passione per la natura e la conoscenza delle piante.

A fargli compagnia in questa impresa unica c’è suo fratello Daniel Hanbury. Egli era un farmacista e un botanico, esperto conoscitore di piante. Proprio in Liguria a Capo Mortola i due trovano un’antica dimora, Palazzo Orengo. Il palazzo era sato edificato nel XVI secolo, sui resti di una villa romana.

Al momento del loro arrivo la tenuta si compone di oltre 16 ettari di terreno. Si trova in un evidente stato di abbandono, con il palazzo che necessita di un approfondito restauro. Thomas Hanbury diviene proprietario della tenuta nel 1867. Dal 1874 Thomas Hanbury passa i suoi inverni a Villa Hanbury, dove riceve numerosi ospiti illustri, tra cui la regina Vittoria.

Thomas Hanbury si avvale dell’aiuto del noto paesaggista tedesco Ludwig Winter, che gli era stato suggerito dal vivaista Charles Huber, proveniente da Hyérois in Provenza, per realizzare un parco su parte della superficie della tenuta appena acquistata.

Dalla visita ai giardini di Villa Hanbury ci si ritrova in un susseguirsi di terrazzamenti, decorati con fontane, grotte, stagni, pergolati e pergole, tipici dello stile vittoriano.

Le piante che popoleranno il giardino arrivano da tutte le colonie dell’impero britannico e da altre parti del mondo. Le specie messe a dimora nei giardini di Villa Hanbury a partire dal 1890 furono oltre seimila. I giardinieri incaricati di prendersene cura erano davvero tanti. La passione di Thomas Hanbury porta a sviluppare intensi scambi di piante e di conoscenze con i giardini della Costa Azzurra e con i più famosi giardini di Kew in Gran Bretagna.

Thomas Hanbury aveva classificato le piante in base al tema o alla loro origine geografica. Il suo detto più noto, scaturito dall’osservazione delle piante era: “Un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto”.

Alla sua morte, il figlio Cécil ereditò la tenuta e iniziò a gestirla con l’aiuto della moglie, Lady Dorothy. I due cercarono di aggiungere una nota personale ai giardini, ponendo l’accento sulla componente paesaggistica con la creazione di prospettive, l’apertura di passerelle e la realizzazione di fontane. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, i giardini furono acquistati dallo Stato italiano, che ne affidò la gestione all’Università di Genova.

Oggi, se siete appassionati di piante e giardini, potete visitare questo giardino passeggiando tra i suoi camminamenti e attraversando gli oltre cento metri di dislivello, che intercorrono tra il cancello d’ingresso e la riva del mare. E’ sufficiente scendere alcuni gradini e attraversare stagni e pergolati ricoperti da Campsis, per rimanere affascinati da collezioni di piante grasse, cactus, Agave e Aloe, salvia e passiflora. Ovunque, lungo i sentieri, gli Echium formano mazzi di un impareggiabile color azzurro.

Scendendo al livello del mare gli eucalipti adornano il lungomare, seguiti da una zona di acacie, palme e bambù. Un piccolo padiglione rosa racchiude il piccolo giardino dei profumi, progettato nel 1928. Timo, Pelargonio, Gelsomino ed Eliotropio effondono i loro inebrianti profumi nelle calde giornate d’estate.

Troviamo poi l’asse del giardino con il mausoleo moresco dove sono sepolti i fondatori di questo straordinario giardino prima di scendere verso il mare attraverso un agrumeto dalle forme antiche e un uliveto con alberi secolari.

Firenze: Giardino Torrigiani

Firenze: Giardino Torrigiani

E’ quasi invisibile dall’esterno, nascosto nel cuore dell’Oltrarno di Firenze, nell’area che era conosciuta come il Campuccio, che si estende da via del Campuccio, a piazza Tasso e a via dei Serragli. Dalle strade che lo circondano si possono solo osservare delle imponenti mura, che sono parte dei resti delle fortificazioni fatte costruire da Cosimo I, nel 1544 per difendere Firenze, dai nemici senesi. Da dietro le mura si scorgono appena, con difficoltà, i due livelli superiori di un’antica torre. Una presenza singolare in questa parte di città. Questo è tutto quello che si vede dall’esterno del Giardino Torrigiani. Un giardino sapientemente conservato, con un’aura di magia che lo avvolge. Si estende per quasi 7 ettari di superficie. E’ il più grande giardino privato d’Europa contenuto all’interno di mura cittadine.

Pietro Torrigiani (1773–1848) nacque né marchese né tanto meno Torrigiani. Quando suo zio materno, il cardinale Ludovico Maria Torrigiani, morì nel 1777, lui, era il secondogenito della sorella del cardinale, Teresa Maria Torrigiani, e di suo marito Giovanbattista Guadagni. I due zii ereditarono la proprietà. Per rivendicare il titolo dello zio e l’immensa ricchezza, che comprendeva sei ville e tre palazzi, fattorie, terreni e altre proprietà in città e intorno alla Toscana, Pietro dovette cambiare il proprio cognome in Torrigiani, per continuare la dinastia dei Torrigiani. Ma la sua fortuna non era ancora arrivata al culmine. I suoi possedimenti aumentarono ancora con le proprietà della moglie, Vittoria Santini, che prese in sposa nel 1816, e della sorella, Ottavia Guadagni Del Nero, che morì vedova e senza figli.

Con un originario “impianto all’italiana”, fatto di aiuole delimitate da siepi, è stato arricchito nell’Ottocento dal grande parco “all’inglese”. Ideale per passeggiate rilassanti, alla scoperta di un eccezionale patrimonio di alberi centenari: cedri, un raro Fagus tricolor con foglie che, in controluce, appaiono rosate; un gigantesco Ginkgo biloba e una quercia di 300 anni.
Negli anni successivi Pietro Torrigiani acquistò altri terreni nella zona per ampliare la sua proprietà, quelli che oggi sono l’orto botanico con le sue serre, i tepidari e la vasta collezione di alberi e piante, molte rare ed esotiche.

Torrigiani si fece aiutare dall’architetto e paesaggista, oltre che massone, Luigi Cambray Digny, il quale aveva provveduto a realizzare il restauro dei giardini degli Oricellari (in via Rucellai). Digny ebbe l’incarico di ridisegnare il giardino secondo lo stile romantico inglese. Digny dette vita a due percorsi sinuosi che attraversano il giardino, uno che simboleggia il giorno e l’altro la notte. I percorsi erano pieni di allegorie, soprattutto massoniche, tra le quali una statua di Osiride, una grotta intitolata a Merlino, un tempio dell’Arcadia, una statua raffigurante Seneca con un giovane Pietro Torrigiani scolpita da Pio Fede, una statua colossale di Saturno e una colonna marmorea dedicata a Pier Antonio Micheli, fondatore della Società botanica italiana nel 1716.

Nel 1821 Torrigiani incaricò Gaetano Baccani, architetto e ingegnere che aveva progettato il campanile della Basilica di Santa Croce, di costruire una torre in stile neogotico all’interno del giardino per ospitare il proprio osservatorio astronomico. Il Baccani portò a termine anche la ristrutturazione del giardino alla morte di Digny.

La torre si innalza sopra una collinetta artificiale, nel punto più alto del giardino, più alta del campanile di Giotto. La torre è conosciuta con il nome di Athanor, dal nome della fornace utilizzata per fornire il lento, uniforme, calore costante utilizzato per esperimenti alchemici.

Trieste: Parco del Castello di Miramare

Trieste: Parco del Castello di Miramare

Massimiliano d’Asburgo nel 1855 decise di acquistare un terreno dove oggi si estende il parco. L’anno seguente, la sua passione per le piante e l’amore per il mondo vegetale lo portarono ad iniziare la costruzione di un parco che potesse essere attraversato a piedi dai visitatori. L’arciduca incaricò l’architetto, Carl Junker, di progettare il parco secondo le sue precise indicazioni. Inizialmente il giardiniere Josef Laube ebbe il compito di selezionare le specie botaniche da includere nel nuovo progetto. L’idea originale di Massimiliano d’Asburgo era di creare un giardino mediterraneo, popolato da agrumi e altre piante tipiche di tale clima. Tuttavia, né gli aranci né i limoni potevano sopravvivere alla severità degli inverni di questa regione.

Nel 1859, Massimiliano d’Asburgo cercò di realizzare un nuovo progetto con l’aiuto del giardiniere preferito Anton Jelinek. Il giardino del Castello di Miramare a Trieste, nel corso del tempo, ha assunto sempre più un giardino dal carattere paesaggistico, con alcune aree boschive e un parterre. Nel parco sono anche presenti alcuni edifici provenienti dal progetto originale di Junker.

All’ingresso del parco si trovano le scuderie e il rimessaggio per le carrozze. Con l’avanzare dei lavori al castello, presero forma anche i primi passi per la costruzione del Castelletto, ovvero una riproduzione in scala ridotta dell’edificio principale. L’aspetto esterno del piccolo castello è quello tipico degli chalet del parco, molto di moda all’epoca del progetto.

Nel piazzale del Castelletto si trovano le serre in ferro e vetro.

Un altro piccolo edificio nel parco è il cosiddetto “Swiss Cottage” che si trova sulla sponda del lago dei cigni, tipico esempio di costruzione in stile alpino dell’Ottocento.

Massimiliano d’Asburgo dedicò grande attenzione all’arredamento del giardino e del parco. Lo schema iconografico dell’intero castello comprende anche le statue per il parterre, che dovevano richiamare opere classiche di altri giardini reali. Tra gli altri oggetti d’arredo progettati da Massimiliano vi è anche una serie di cannoni, dono di Leopoldo I, che sono allineati lungo il terrazzo con vista mare.

Questo giardino costiero occupa 22 ettari del promontorio di Grignano, vicino a Trieste. Voluto nel 1800 dall’Arciduca Massimiliano D’Asburgo, forma una sontuosa cornice verde intorno al Castello di Miramare. Grazie al folto bosco di Pinus nigra austriaca, che protegge il parco dalla bora, qui crescono specie esotiche e mediterranee. Percorrendo la pergola, ornata da un glicine secolare, si giunge al laghetto delle palme e al lago dei cigni. La parte più spettacolare? I giardini terrazzati all’italiana: dal punto più alto, d’estate, si assiste alla fioritura di specie in tutte le nuance del grigio e dell’azzurro.

Parco di Villa Pisani a Stra, Venezia

Proclamato Parco più bello d’Italia nel 2008, quest’oasi di verde occupa un’ansa di undici ettari lungo il fiume Brenta, in Veneto. Realizzato a cornice della regina delle ville venete, Villa Pisani. Creato nel Settecento da una nobile famiglia veneziana, riprende da una parte il modello di Versailles e, dall’altra, la tradizione veneta del brolo (giardino cintato). A est dei viali di ippocastani si trova, invece, il famoso labirinto circolare settecentesco, con un percorso interno di 990 metri! Tra gli alberi secolari: tigli, faggi rossi, Maclura pomifera, Ginkgo biloba e tre platani di 200 anni. Sono aperte alla visita anche tre serre (una calda e due fredde) che ospitano piante esotiche.

Lacco Ameno, Parco idrotermale di Negombo

Parco idrotermale di Negombo a Lacco Ameno, sull’isola di Ischia

Dove mettere a dimora piante rare provenienti da tutto il mondo? Il duca Camerini, viaggiatore e appassionato di botanica, nel 1946 sceglie la baia di San Montano (isola di Ischia, Napoli) e crea un parco di sei ettari, tuttora di proprietà della famiglia e rivisitato dal paesaggista Ermanno Casasco. L’area comprende una zona subtropicale con palme, Encephalartos, Macroziama, Cycas e un centenario Ficus magnolioides. Il tutto costellato da una ventina di piscine termali. Dal 1998 nel parco ci sono opere di artisti contemporanei, come Arc-en-ciel dello scultore Arnaldo Pomodoro.

 

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