Gli alberi monumentali come patrimonio da difendere
Gli alberi monumentali o “patriarchi vegetali” sono quegli esemplari viventi che per l’età e le dimensioni ragguardevoli, la rarità botanica, il portamento, il valore paesaggistico ed ecologico, ma anche i legami con eventi e personaggi storici e con la cultura del luogo, vengono considerati veri e propri “monumenti” della natura e patrimonio da difendere, al pari dei complessi archeologici e architettonici di pregio delle epoche storiche passate.
Molti di essi sono sopravvissuti attraverso il tempo a cataclismi, devastazioni e guerre, e proprio in virtù di questo legame col passato, che li ha resi veri e propri oggetti di culto e di rituali, sono stati preservati anche dalla distruzione dell’uomo.
La longevità degli alberi: una caratteristica che viene studiata
Vivere per lunghi secoli – se non addirittura per millenni – è la principale proprietà delle piante legnose e attualmente è anche oggetto di ricerca: oggi si pensa che il loro segreto stia nelle qualità del tronco, costituito da cellule morte che servono da impianto per le cellule vive. Grazie a ciò, vi sono alberi che possono vivere anche più di 4.000 anni, come alcune varietà di pino delle Montagne Rocciose, mentre l’ulivo, qui da noi, può superare i 2.000 anni.
I più famosi alberi monumentali
Nella mitica “Forest of Ancients” sulle White Mountains della California, si erge ancora Matusalemme, della specie Pinus longaeva: la sua età attuale (2015) è stimata di 4847 anni. Altri parlano dell’Australia come patria dell’albero probabilmente più antico del mondo: si tratta di un Eucalipto regnans di oltre 70 mt d’altezza che dovrebbe avere appena compiuto 10.000 anni.
Ma esistono altri esemplari da primato nel mondo: l’organismo vivente in assoluto più grande è considerato The President, una della Sierra Nevada, ed è sempre una sequoia il secondo albero ritenuto più imponente (volume di 1.487 m³); chiamata General Grant, si trova anch’essa in California ed è vecchia 2.500 anni.
In Italia invece l’albero più grande e famoso tra quelli censiti è il plurimillenario Castagno dei cento cavalli che si trova a Sant’Alfio, nel Parco dell’Etna, mentre il più antico albero italiano dovrebbe essere l’Olea europaea oleaster di San Baltolu di Luras, in provincia di Sassari, un olivo selvatico dalla circonferenza di 11 mt, alto 23 mt.
Nel nostro Paese di tutela degli alberi monumentali si inizia a parlare negli anni ‘70. Nel 1971 sulla scia del National Big Trees Program (USA-1940), il WWF lancia l’Operazione grande albero per il censimento dei Patriarchi vegetali e con l’obiettivo di promuovere la produzione di una specifica legge tutela.
Le leggi per preservarli
Arriviamo così per gradi alla legge n.14 del 14 gennaio 2013 di oggi, che oltre a regolamentare sviluppo degli spazi verdi urbani, riguarda la tutela e la valorizzazione del patrimonio dei patriarchi verdi e ne fornisce la definizione giuridica che dovrà essere recepita da ogni regione.
Con la Legge n.10/2013 vengono stabilite multe tra i 5.000 e i 100.000 euro per chi abbia danneggiato o abbattuto tali esemplari e l’obbligo per ogni amministrazione comunale di censire i propri alberi monumentali in elenchi aggiornati, che andranno a completare l’elenco degli alberi monumentali d’Italia (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 268 del 18.11.2014 Serie Generale), alla cui gestione provvede il Corpo forestale dello Stato.
Il primo censimento nazionale del Corpo forestale dello Stato, del 1982, ha rilevato:
- 22.000 alberi segnalati;
- 1.255 alberi considerati di “maggior interesse ambientale e culturale”;
- Quercus pubescens la specie più rappresentata, seguita dal genere Fagus;
- 150 alberi considerati di “eccezionale valore storico o monumentale”.
Le ultime ricerche pubblicate sulla rivista Science, condotte in Australia dalla James Cook University e negli Stati Uniti dalla Washington University lanciano purtroppo l’allarme sul rischio di scomparsa degli alberi monumentali dagli ecosistemi di tutto il mondo, come processo già avviato ad ogni latitudine dai cambiamenti climatici e dai disboscamenti e reversibile solo con un’inversione di tendenza da parte delle attività umane.